Vi proponiamo un articolo relativo alla privatizzazione della rete idrica.
Cosa potrebbe comportare alle tasche del cittadino. Il nostro gruppo di minoranza si è da sempre opposto a tale prospettiva speriamo che anche in questo caso la Giunta Maroni non faccia un passo falso.
Privatizzazione dell’acqua in Italia: lo scenario
Anche in Italia una legge ha appena sancito il processo di privatizzazione delle acque: ma quali saranno le ripercussioni sulla vita quotidiana degli utenti? E quali i rischi?
Di fronte all’annosa questione della privatizzazione dell’acqua è necessario premettere che tutti i governi democratici, quando si trovano di fronte a un servizio pubblico che non funziona a dovere, ricorrono non di rado alla sua cessione a imprenditori privati, con i capitali dei quali sia possibile raggiungere un livello di offerta almeno sufficiente.
Si tratta, ovviamente, di una soluzione estrema, a cui ricorrere quando lo Stato non è più in grado di farsi carico della gestione di un servizio: è già successo con la telefonia, l’energia e i trasporti pubblici – con alterni successi.
Consideriamo, quindi, la situazione attuale delle risorse idriche italiane e la loro distribuzione. Nel nostro paese, con un’idrografia particolarmente variegata e diffusa su tutto il territorio, non si può dire che manchi l’acqua potabile. Il 70% di questa, tuttavia, è impiegata per irrigare i campi: un uso che non si giustificherebbe nemmeno in condizioni ottimali.
L’Italia, manco a dirlo, non è affatto in queste condizioni! La metà dell’acqua presente negli acquedotti, mediamente, non arriva ai rubinetti, ma si disperde in una miriade di falle che è troppo costoso riparare: bisognerebbe aggiustare tutte le fuoriuscite in un tratto, utilizzando anche i giusti accorgimenti per evitare che se ne formino di nuove.
Con la privatizzazione dei servizi idrici lo Stato conta di poter affrontare i lavori necessari al miglioramento della distribuzione dell’acqua in tutta Italia: entro il 2020, si stima, saranno necessari dai 30 ai 40 mila chilometri di tubature, con una media di 3 o 4 mila chilometri annui. Per far questo ci vorrà una cifra esorbitante che il Paese, da solo, non può assolutamente permettersi di sborsare.
I 2/3 di capitale privato previsti dalla nuova normativa dovrebbero fornire linfa vitale per dare, finalmente, l’acqua potabile e corrente in tutte le case: in molte zone (soprattutto, ma non soltanto, al Sud) migliaia di famiglie sono costrette a vivere potendo usufruire solo di alcune ore d’acqua al giorno; o con servizi inaffidabili.
Ma la privatizzazione dell’acqua risolverà questi problemi?
Lo speriamo, ovviamente, anche se altri Paesi che hanno intrapreso questa strada – come la Francia – stanno operando una brusca marcia indietro. L’acqua, infatti, non è un prodotto commerciale qualsiasi, ma è il bene supremo: un giorno senza acqua significa rischiare la vita, mentre sono in molti, loro malgrado, a sopravvivere a una settimana senza cibo. Dovrebbe quindi essere, per sua natura, un bene gratuito o comunque dal costo simbolico: le spese per la distribuzione dovrebbero essere a carico dello Stato, quale sommo tutore del benessere dei cittadini.
Appurato che, attualmente, al nostro Stato non è possibile adempiere a questo compito e nella speranza che la privatizzazione possa rappresentare una soluzione alternativa, riflettiamo un attimo su quello che però potrebbe accadere. Una SpA è, per sua natura, un gruppo di persone che deve fare affari commerciando prodotti e servizi: l’interesse di un’azienda non sono i clienti, se non per riflesso, ma gli azionisti e il fatturato.
Ogni azione di un privato imprenditore deve avvenire previa un’attenta valutazione dei costi e dei benefici: migliorare la rete idrica di un’area scarsamente popolata, ad esempio, potrebbe non risultare economicamente favorevole – a meno di non far gravare i costi sulla bolletta in maniera massiccia.
Uno spreco – in ottica puramente commerciale – potrebbe non essere uno svantaggio, perché riparare una falla, in talune circostanze, è più caro che non intervenire. Gli esempi possono essere tanti, senza considerare il potere sociale che un gestore della rete idrica andrà ad acquisire. Speriamo soltanto che la privatizzazione dell’acqua sia stata realmente concepita come il primo passo verso la soluzione di un annoso problema italiano e non come l’ennesimo atto di uno scaricabarile tipicamente nostrano.
Luigi Perri - Green Magazine
venerdì 25 febbraio 2011
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Se ho ben capito, io lavoratore dipendente spremuto fino all'ultimo cent.vedrò andare la bolletta dell'acqua alle stelle per giustificare la rimessa in opera delle infrastrutture idriche che lo Stato non ha voluto o potuto sistemare con anche i miei soldi....Magari mi spremono ancora un pò per poter sistemare la rete idrica del meridione , forse che si ha paura di affrontare direttamente il problema con un altra tassa pro mezzogiorno...
RispondiEliminaIntanto gli evasori fiscali imperversano più di prima e continuano imperterriti a farla franca.
E' tempo di finirla se c'è qualcuno da spremere sono solo queste canaglie parassiti e sfruttatori dell'umanità!